Qualche giorno fa ho ricevuto, inaspettatamente, un’email da un autore di Linkedin nella quale, dopo avermi fatto i complimenti relativamente l’utilizzo del Social per pubblicare i miei post, mi suggeriva di scrivere un articolo per la giornata internazionale della donna.
L’idea suggerita era un articolo dedicato ad una donna che mi avesse ispirato nella vita e nella professione, utilizzando l’hastag #IWD2015, così da renderlo maggiormente rintracciabile.
Mi è sembrata un’idea simpatica e mi sono ripromessa di scrivere sicuramente qualcosa prima dell’8 marzo.
Mai avrei pensato che il compito si rivelasse così arduo. Non certo perché non avessi incontrato splendide donne di cui poter parlare, quanto per la difficoltà di poterle contestualizzare come reali ispiratrici.
In effetti, volendo proprio fare una riflessione, le donne che più mi hanno condizionata, non sempre facilitandomi scelte e compiti, ma motivandomi a fare sempre meglio e a continuare per la mia strada, sono state proprio quelle alle quali mai avrei voluto assomigliare.
Togliendo la donne della mia famiglia che, pur assicurandomi un incondizionato sostegno, mi hanno spesso contrastata in quanto non capivano o non approvavano le mie scelte professionali, devo dire che nella vita lavorativa ho incontrato molte donne che, per confermare la loro posizione, assumevano atteggiamenti decisamente maschili. E non dei più edificanti. Sposando l’idea che, per fare carriera fosse imprescindibile avere il pelo sullo stomaco ed essere senza scrupoli.
L’espressione ‘quella donna ha le palle’ mi fa (ora) sorridere, qualche anno fa mi metteva decisamente a disagio.
Sono stata condizionata, è vero. Ma molto di più da coloro alle quali non volevo assomigliare.
Da quelle donne che, con il loro atteggiamento accodiscendente, con fare da gatte morte, hanno ottenuto vantaggi a discapito dei colleghi. E delle colleghe. E mi hanno fatto capire in modo chiaro cosa NON volevo diventare.
Nel 2015 abbiamo ancora bisogno di una legge per riuscire ad accedere ai vertici della politica e dei consigli di amministrazione, come bambine che necessitano del papà per attraversare la strada, eppure non abbiamo ancora imparato a sostenerci tra donne all’interno delle aziende, e nelle vita in generale.
Inutili le belle parole che abbiamo ascoltato in questi giorni e che sentiremo anche oggi. Il problema delle disuguaglianza delle donne rispetto agli uomini rimane irrisolto. E come pensiamo di risolverlo se ci affidiamo agli uomini per colmarla, se non riusciamo ad essere noi donne le artefici del cambiamento?
Di strada dobbiamo farne ancora tanta, ma nulla è impossibile se impariamo a collaborare mettendo da parte rivalità, invidie, elucubrazioni mentali tipicamente femminili.
Oggi quindi mi chiedo, per quanto tempo ancora avremo bisogno di una giornata che ribadisca l’ovvio, quindi che le persone sono uguali, al di la dell’identità di genere? E quando sapremo trasmettere questo concetto ai nostri figli, senza essere noi stesse le responsabili della nostra condizione di svantaggio?
Post pubblicato su Linkedin #IWD2015 #8marzo2015