Articolo pubblicato su LinkedIn il 13/02/2015
Oggi parleremo dei romanzi di Jane Austen.
Sono sicura che li avrete letti, facciamo comunque un piccolo ripasso. Jane Austen è una delle scrittrici britanniche più rappresentative del periodo preromantico (parliamo di fine 700’ primi 800’) conosciuta in tutto il mondo per capolavori quali Ragione e Sentimento, Orgoglio e Pregiudizio, Emma e moltissimi altri.
Ora, starete già pensando che ho ceduto al clima romantico di San Valentino, invece prendo spunto da questi splendidi romanzi in quanto, in tempi non sospetti, mi hanno fatto capire l’importanza della reputazione.
Ma come, nel 2015 ci soffermiamo ancora a parlare di un concetto così ottocentesco?!
In questi ultimi giorni ho letto alcuni articoli che ribadivano l’importanza della reputazione online e, probabilmente favorita dai miei studi classici, ho subito notato il parallelismo tra il nostro muoverci in rete, con tutti i problemi che possono causare alla nostra immagine professionale (o al nostro brand) errori di pubblicazione,commenti inadeguati, profili social mal gestiti, e il danno che un comportamento non consono, da parte di una signorina all’epoca di Jane Austen, avrebbe potuto arrecare alla sua vita sociale e al suo futuro.
Ma che cos’è esattamente la reputazione on line?
L’online reputation è quello che emerge dal nostro muoverci all’interno della rete; quello che scriviamo, le immagini che pubblichiamo, i nostri commenti, tutto questo tradotto in una semplice ricerca che darà un quadro di chi siamo a chiunque voglia farsi un’idea di noi. Per curiosità, per prendere informazioni, per offrirci un lavoro o per scegliere se accettare una nostra proposta.
Così come nell’800 le famiglie si informavano sulla reputazione delle signorine per capire se erano papabili per i loro rampolli, o si decideva l’esclusione di una casata da un importante affare se all’interno di essa c’erano stati comportamenti inadeguati alla società del tempo.
Sembra una cosa un tantino ipocrita, vero? Per secoli ci siamo detti che questa ricerca ed esternazione ossessiva della buona reputazione, a scapito a volte della realtà dei fatti, era una cosa da superare, ed ora ci troviamo a doverla considerare come elemento da monitorare per garantirci una credibilità online?
Non è proprio così; se la reputazione online rispecchierà la nostra vera identità e noi sapremo far emergere le qualità che ci contraddistinguono, senza cadere nell’autoreferenzialità, ma focalizzando l’attenzione sulle nostre caratteristiche positive, non avremo nulla da temere.
Contrariamente se ci proporremo alla rete con profili disomogenei, poco coerenti, all’interno dei quali ci lasceremo trascinare da conversazioni mal gestite, troppo personali, eccessivamente sbilanciati verso posizioni estremistiche, potremmo aspettarci qualche conseguenza anche a livello professionale.
Che ci piaccia o no, quello che pubblichiamo sul web è diventato quello che ci identifica, quello che di noi viene percepito dagli altri; imbellettare un profilo Linkedin, pubblicare la bravata fatta con gli amici, lasciarsi andare in discussioni accese e con linguaggi inappropriati, potrà impattare con la nostra vita reale.
In rete spesso non ci si conosce direttamente e le persone ci percepiscono per quello che noi decidiamo di mostrare. Anche se non siamo proprio noi, perchè la realtà è sempre un po’ più complessa e profonda.
Cosa ne sarà della nostra privacy?
Una domanda che frequentemente mi viene posta: tu che sei sempre online, e ci lavori pure, non hai paura di perdere la tua privacy?
La nostra privacy viene determinata da quello che noi decidiamo di pubblicare. Dobbiamo imparare a separare la nostra vita online da quella che è la nostra realtà privata, così come siamo riusciti a separare la vita lavorativa da quella personale.
Se online pubblichiamo qualsiasi cosa, dal cornetto che mangiamo facendo colazione al taglio del cordone ombelicale di nostro figlio, difficilmente potremo poi lamentarci dell’invasione della nostra privacy.
La cosa bellissima è che possiamo scegliere.
Ps: tornando ai romanzi di Jane Austin, leggeteli. Sono splendidi, di una leggerezza apparente, ma così profondi nel tratteggiare personaggi e società. Capirete come le dinamiche del comportamento umano e sociale siano, a distanza di secoli, sempre le stesse.