scrivere-per-il-web-maria-cristina-pizzato

Dopo 5 anni di blogging e centinaia di post ed articoli, ho capito qualcosina circa lo scrivere per il web.

In effetti, ci sono cose che non si dovrebbero scrivere. E non mi riferisco esclusivamente ai commenti scortesi e alle storie volgari.

Ci sono delle brutte abitudini, riferite alla scrittura, che dovremmo eliminare una volta per tutte.

1# I punti esclamativi replicati

Ogni punto esclamativo oltre al primo diminuisce la tua la credibilità di almeno il 25%. Va bene, non sarà un dato che si può provare scientificamente ma, di sicuro, è quello che prova la maggior parte dei tuoi lettori.

Ti è capitato no? Personalmente, più punti esclamativi trovo in successione alla fine di una affermazione, più debole e meno credibile trovo il punto di vista di chi l’ha scritta.

Che poi, pensandoci, vedi proprio la necessità di tutti questi punti esclamativi? Sai qual’è l’uso corretto di questa punteggiatura?

Se proprio ritieni che sia necessario utilizzare un punto esclamativo, limitati a uno ed uno solo

2# Il paragrafo infinito

Lo ammetto. E’ anche un mio grosso problema. Mi piacciono i paragrafi lunghi, articolati, sintatticamente complessi. Mi piace la scrittura romanzata, anche un po’ ottocentesca.

Reset.

La scrittura sul web è diversa.

Come legge la gente sul web? Non legge.

O meglio, scansiona. Le persone sul web non si attardano a leggere paragrafi sintatticamente complessi. Non ne hanno il tempo e nemmeno la pazienza.

I loro occhi svolazzano sullo schermo, raccogliendo frasi, parole, spunti, immagini. Leggono il titolo e parte del contenuto.

Non pensi che valga la pena impegnarsi, perchè l’uno e l’altro siano coinvolgenti, ma sintetici?

Fortunatamente abbiamo un alleato. Vedi il tasto INVIO? Premilo.

Scrivi una frase. Due massimo. Premilo di nuovo.

Ci siamo.

3# Buzzword

Come potremo tradurla? Parola d’ordine? Trendy? Parola alla moda?

Hai capito, vero?

Sto parlando di parole mai utilizzate prima in un determinato contesto, o che si utilizzavano fino ad un certo momento con un significato diverso, che improvvisamente…diventano di moda.

E questo è quanto.

Quanto volte le abbiamo sentite. Inizialmente ci sembrano fresche, innovative.

Le usiamo.

Poi tutti le usano e, alla fine, diventano insignificanti, nella migliore delle ipotesi, fastidiose nel peggiore dei casi.

Te ne viene in mente qualcuna? (…vogliamo, poi, parlare dei termini in inglese?)

Possono essere anche espressioni. Come dimenticare il ‘senza se e senza ma’, spiattellato in ogni dove fino a qualche tempo fa?

Ecco un elenco di buzzword che si dovrebbero smettere di ab-usare:

  • virale
  • rivoluzionario
  • competitivo
  • resilienza
  • sostenibile
  • dinamico
  • appassionato
  • spinto
  • strategico
  • innovativo
  • problem solving
  • solution
  • orientato ai risultati

Sembra una lista di skill per un curriculum, non ti pare?

Anche in ambito strettamente collegato al marketing abbiamo le nostre belle parole ab-usate:

  • influencer
  • engagement
  • multicanale
  • creativo
  • strategico
  • efficace
  • storytelling
  • ottimizzazione mobile
  • contenuti personalizzati
  • content marketing
  • studio dei contenuti
  • brand evangelist
  • opinion leader
  • ROI

Ovviamente, nel giusto contesto, questi termini devono essere utilizzati. Ma la tendenza sembra quella di inserirli in qualsiasi discorso, senza un apparente scopo specifico.

Bene, proseguiamo.

In fin dei conti, è sufficiente un po’ di attenzione per evitarne l’uso strafalcionato.

4# Il racconto errante

Se non riesci a spiegare nelle prime frasi di che cosa vuoi parlare, lascia perdere. Hai già perso un bel po’ di lettori.

Quando ti siedi a scrivere un articolo, scrivi semplicemente quello che avevi intenzione di raccontare. Raggiungi velocemente il punto.

Capita spesso di imbattersi in articoli talmente dispersivi che, alla fine della lettura, rimane il dubbio circa l’argomento stesso del post.

Se il tuo obiettivo è scrivere la ricetta della frittata di asparagi bassanesi, non divagare raccontandomi che ieri sera, guardando dalla tua finestra, hai visto sbocciare l’azalea, hai realizzato che fosse primavera e che ogni primavera, nella terza domenica di aprile, tua suocera cucina gli asparagi.

Ora, non voglio dire che i post debbano essere ‘secchi’, parlare solo dell’argomento previsto, rigidi, focalizzati. Sono ammesse aperture, spiegazioni, ma non devono prendere il sopravvento nell’impostazione dell’articolo.

Cerca di non perdere il filo del discorso.

5# Vaghezza linguistica

Non essere vago.

Che cosa vuol dire essere vago?

La vaghezza linguistica è incerta, indefinita. Hai presente quando, dopo aver letto un post, ti chiedi: “Che diavolo sta cercando di dire ?!”

Leggere il vago uccide.

Gli occhi scorrono attraverso le parole, i paragrafi, senza avere la benché minima idea di dove vuol andare a parare l’autore.

Sappi che i tuoi lettori non hanno il tempo per cercare il significato ermetico dei tuoi post.

Vogliono leggere e capire immediatamente di che cosa stai parlando, e quali sono le tue tesi in merito.

Quindi sii il più esplicito possibile.

Ecco qualche consiglio per non scivolare nella vaghezza linguistica:

  • Inizia ogni paragrafo del tuo post con un titolo che spieghi il contenuto. Non un titolo ad effetto, un titolo chiaro.
  • Prova a comunicare un solo concetto in ogni paragrafo.
  • Sforzati di scrivere la tua idea in un’unica, semplice, frase.
  • Usa frasi brevi.
  • Usa parole brevi.
  • Utilizza meno aggettivi.
  • Utilizza meno avverbi.

Conclusione

Mai come prima d’ora, nella storia dell’umanità, brand e persone hanno condiviso così tanti contenuti.

Qualcuno sta iniziando a dire che lo stiamo facendo in modo scomposto ed esagerato.

Io credo che niente potrà più toglierci questa opportunità, la contropartita sarà impegnarci perché i contenuti che pubblichiamo siano sempre più di valore.

Pubblichiamo in modo strategico!!!!!

(Ops, forse non avrei dovuto farlo, vero?)

 

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